Quarta Domenica di Avvento
Prima di ricevere l’annuncio dell’angelo, il santo Patriarca «stava seguendo un buon progetto di vita, ma Dio riservava per lui un altro disegno, una missione più grande. Giuseppe era un uomo che dava sempre ascolto alla voce di Dio, profondamente sensibile al suo segreto volere, un uomo attento ai messaggi che gli giungevano dal profondo del cuore e dall’alto. […] E così, Giuseppe è diventato ancora più libero e grande. Accettandosi secondo il disegno del Signore, Giuseppe trova pienamente se stesso, al di là di sé. Questa sua libertà di rinunciare a ciò che è suo, al possesso sulla propria esistenza, e questa sua piena disponibilità interiore alla volontà di Dio, ci interpellano e ci mostrano la via» (Papa Francesco).
È molto probabile che Giuseppe sia corso a raccontare alla sua sposa quanto gli era stato rivelato. C’è una parola che si ripete varie volte nel vangelo di oggi: accogliere. È un verbo che definisce molto bene la relazione che vogliamo mantenere con Dio. Ci entusiasma essere rifugio, ospitare questo mistero di amore nel nostro cuore. Accogliere, riferito a una persona, significa ammetterla nella nostra casa o nel nostro gruppo. È come se Dio chiedesse permesso anche a Giuseppe per entrare nel mondo. Così vediamo che Gesù non si impone, ma arriva chiedendo uno spazio nei nostri cuori. Ci chiede di dargli un rifugio e di regalargli la nostra compagnia.
Stupisce il fatto che Dio abbia chiesto a san Giuseppe di accettare l’incarico di accogliere le due vite più preziose che siano esistite sulla terra. Come uomo riconoscente, lo sposo di Maria accettò il dono che gli veniva offerto e Dio dimostrò che non si lascia mai vincere in generosità. Anche a noi il Signore offre continuamente i suoi doni, grandi e piccoli, progetti nei quali possiamo trovare uno spazio per Gesù e sua madre. San Josemaría era entusiasta della semplicità del santo Patriarca: «San Giuseppe è meraviglioso! È il Santo dell’umiltà profonda, del sorriso permanente e della scrollata di spalle».