Terzo Martedì di Avvento
Nel Vangelo di oggi Gesù ci racconta la storia di due figli (cfr. Mt 21, 28-32). Il padre chiede loro di andare a lavorare nella vigna di famiglia e i due fratelli hanno una reazione molto diversa. Il primo risponde con un accento ribelle e irrispettoso: “Non ne ho voglia”. Il secondo, apparentemente più obbediente, gli dice che andrà. Passato il primo impulso, il figlio del no ci ripensa, si pente, e va a lavorare nella vigna. Il figlio del sì, invece, non va a lavorare. Il primo, conclude Gesù, cade per debolezza, ma, stimolato dalla fede, si rialza e obbedisce al Padre. Il secondo, invece non è fedele alla sua promessa e rappresenta i capi del popolo che onorano Dio «con le labbra, mentre il loro cuore è lontano da me» (Is 29, 13; Mt 15, 8). In questa parabola Gesù parla anche al nostro cuore. Sicuramente troviamo qualcosa del comportamento di ognuno di questi figli nella nostra vita. Quasi sempre le nostre disposizioni sono esemplari, ma per debolezza non riusciamo a portare avanti quanto di buono desideriamo fare. E non poche volte ci succede il contrario: dopo una prima reazione di ribellione, ci correggiamo e, con l’aiuto della grazia, abbracciamo amorevolmente la volontà di Dio. Entrambe queste disposizioni sono abitualmente presenti nella nostra lotta interiore e dobbiamo conoscerle da vicino per sapere come reagire momento per momento. Potremmo anche immaginare l’esistenza di un terzo figlio: quello che dice “sì, vado” e con le sue opere convalida sempre le sue parole. Questo figlio – fedele in ogni occasione – è, in realtà, Gesù Cristo, che ci invita a entrare nella sua disposizione di amore verso il Padre.
Oggi nella nostra orazione possiamo dire a Dio: come mi piacerebbe essere un figlio come Gesù! Un figlio che risponde con un sì! E se non lo siamo, sarà quello allora il momento di dire al Signore che abbia pazienza con noi. Cadere nello sconforto sarebbe una manifestazione di orgoglio, ci farebbe capire che stiamo riponendo la speranza in noi stessi e non in Dio.