Terzo Mercoledì di Avvento
Quando nel carcere arrivano notizie sulla predicazione di Gesù, Giovanni invia due discepoli per parlare con il Signore e chiedergli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Lc 7, 19). Gesù li accoglie e, come risposta, mostra loro i frutti dell’azione di Dio nelle anime: «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia» (Lc 7, 22).
Giovanni conosce molto chiaramente la sua missione – preparare la strada del Messia – e sospetta che la sua fine sia vicina. Per sé non cerca alcun protagonismo. È disposto a diminuire perché Cristo cresca (cfr. Gv 3, 30). «Ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. […] La vita cristiana esige, per così dire, il martirio della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo a orientare il nostro pensiero e le nostre azioni» (Benedetto XVI). In tal maniera scopriremo l’effetto che sana, trasforma e rivitalizza l’azione divina nella nostra anima e saremo buoni strumenti nelle sue mani.
«Tutte le cose grandi, che il Signore vuol fare attraverso la nostra miseria, sono opera sua […]. I frutti non sono nostri, perché le querce non fanno limoni. I frutti sono di Dio Padre, che è stato tanto padre e tanto generoso da metterli nella nostra anima» (San Josemaria, “In dialogo con il Signore”). Maria è la nostra speranza. La chiamiamo così perché lei è la via sicura perché Dio possa continuare a compiere nel nostro mondo le sue meraviglie. L’umile donna di Nazaret continua la sua missione dal cielo e ci suggerisce continuamente di permettere alla grazia di Dio di operare nei nostri cuori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2, 5).