Terzo Sabato di Avvento
Tutti noi abbiamo il nostro albero genealogico. Gesù ha voluto avere il suo. E in Maria, sua Madre, Dio stesso si inserisce nel percorso degli uomini, unendosi per sempre a noi. Si fa carico del bisogno di speranza dell’intera umanità, in tutte le epoche. Con l’incarnazione, Dio non rifiuta nulla di ciò che è umano, fa proprio il racconto di ogni persona per offrire a tutti un posto nella vita eterna. Il Creatore del Cielo e della terra ha voluto appartenere alla famiglia umana.
«Nella stalla di Betlemme il cielo e la terra si toccano […]. Il cielo non appartiene alla geografia dello spazio, ma alla geografia del cuore. E il cuore di Dio, nella Notte santa, si è chinato giù fin nella stalla: l’umiltà di Dio è il cielo. E se andiamo incontro a questa umiltà, allora tocchiamo il cielo. Allora diventa nuova anche la terra» (Benedetto XVI). Quante volte ci sembra che Dio non possa stare dove c’è debolezza, fragilità o mediocrità. Se non ci uniformiamo al peccato, ma abbiamo voglia di abbracciare i veri beni della vita, allora l’umiltà di Dio non rifiuta la stalla del nostro cuore, ma porta il cielo nella nostra vita ordinaria, nella nostra casa, in ogni istante.
Questa lunga lista di nomi ha suscitato, per molte generazioni, un’ansia che sarebbe stata soddisfatta soltanto dal neonato di Betlemme. Alcuni, probabilmente, non capirono bene che cosa aspettavano. Altri, con le loro idee confuse, cercarono idoli apparentemente più vicini e accessibili. Questa stessa ansia di salvezza è ancora oggi latente in tutte le persone, spesso senza che i protagonisti riescano a esprimerla a parole o a comprenderla con chiarezza. Noi abbiamo la fortuna di conoscere la buona notizia del Natale, aspettiamo Gesù, e ci piacerebbe che arrivasse fin nel cuore del più bisognoso dell’angolo estremo della terra.