Quarto Sabato di Avvento
Le parole di Zaccaria sono l’ultima profezia prima che si compia definitivamente la nostra salvezza. Dio si è commosso davanti alle tenebre in cui viviamo e viene a salvarci, non certo a giudicare se siamo degni di riceverla. Vogliamo, per mano di questo israelita giusto e devoto, raggiungere le profondità dell’intimità divina: «Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto» (Lc 1, 78). Non c’è un modo più infuocato di parlare.
Potremmo perdere questo privilegio per aver smarrito la strada, cosa molto facile in queste ultime ore: «Viviamo in filosofie, in affari e in occupazioni che ci assorbono totalmente e dalle quali la via fino al presepe è molto lunga. Dio deve spingerci continuamente e in molti modi, e darci una mano perché possiamo uscire dalle complicazioni del nostro pensiero e dei nostri impegni, e così trovare la strada che ci porta a Lui»(Benedetto XVI). Percorriamo quest’ultimo tratto per mano di santa Maria, magari assieme a lei sull’asinello che la porta a Betlemme. In questa notte – servendoci di parole di san Giovanni Paolo II – Dio «entra nella storia. Si sottopone alla legge del fluire umano. Chiude il passato: con lui ha fine il tempo di attesa, cioè l’Antica Alleanza. Egli apre l’avvenire: la Nuova Alleanza della grazia e della riconciliazione con Dio. È il nuovo “Inizio” del Tempo Nuovo». Teniamo compagnia alla Madonna mentre prepara il presepe: la paglia, la mangiatoia, le fasce… E vi mette tutto l’affetto perché al Bambino non venga a mancare nulla. Siamo entusiasti di prestare questi servizi e constatare che, in un certo senso, entrambi hanno voluto avere bisogno di noi.